L’uccello nella cupola

Bompiani, Milano, 1954
L’uccello nella cupola (1954)
L’uccello nella cupola (1954)
Quarta di copertina della prima edizione

L’uccello che, rimasto prigioniero nella cupola della chiesa, lotta per uscirne fino a morire, è l’inizio e il simbolo dell’avventura di don Giacomo: un’avventura tutta teologica, che sottrae il protagonista alle mediocri abitudini della parrocchia — piccoli peccati, scarsa volontà — e lo introduce nei luoghi e nei sentimenti più oscuri, ponendolo infine di fronte a un cadavere, di cui egli si sente responsabile. Ma il lettore continuerà a domandarsi se e fino a qual punto don Giacomo possa, con i suoi errori e magari le sue colpe, venir considerato responsabile della sorte di Marta, la donna ch’egli non è riuscito a strappare al delitto e alla disperazione. «Lo stato peccaminoso», dirà uno dei personaggi, «rassomiglia a uno sfacelo di fronte al quale noi sacerdoti siamo spesso impotenti. Spesso, nonostante i nostri sforzi, nonostante la nostra buona volontà, siamo costretti ad assistere senza intervenire a una lotta oscura, straziante, che si svolge lontano da noi». Non un libro di teologia, ma un dramma che si compie sulla soglia profonda del vizio, della paura, dell’angoscia e della speranza. Questa sensibilità religiosa alla parte segreta fa pensare a Bernanos, ma da Bernanos si stacca non solo per la fedeltà alla nostra migliore tradizione letteraria, per una lucidezza manzoniana di scrittura, ma ancor più per il rifiuto di ogni consolazione, e una sospensione finale che, se meno concede alla santità, illumina maggiormente la parte che ha il mistero nella nostra vita. Un’opera prima, non solo per l’autore, ma per la nostra letteratura.